Il Covid ha evidenziato tutto, d’un tratto.
Fare impresa è difficile, tanto più in Italia. Burocrazia, peculiarità tutelate, generalità inascoltate. Ma si è sempre fatto impresa, consapevolmente. I più, anche rispettosamente. Nel rispetto delle leggi e del mercato, nel rispetto della competizione pur quando appare impari, nel rispetto della forza lavoro e degli stakeholders, delle relazioni e della operatività, nel rispetto dei risultati attesi, nel rispetto delle aspettative dei clienti.
Finora si è intrapreso, finora ci si è mossi, ci si è dati da fare con l’entusiasmo e l’impegno, la cura e la dedizione, lavorando con passione per produrre. Produrre occupazione, produrre ricchezza, produrre soddisfazione. Produrre, conoscendo le regole del mercato, produrre con le regole dell’Italia, difficili, già complesse. Regole spesso assurde, alle quali con determinazione cercavamo di adattarci. Sapevamo che non andava, ma non c’era il tempo di pensarci.
Ma è arrivato il Covid.
Ci ha dato tempo, e ci ha permesso di riflettere.
Ci ha chiuso le aziende, ci ha fatto fermare senza che avessimo potuto anche solo vagamente prevederlo.
Ci ha mostrato cose cui non avevamo pensato e ci ha dato l’opportunità di ripensare certe indicazioni.
Ci ha messo di fronte a decisioni calate dall’alto, su temi che avrebbero dovuto essere condivise.
Ed ecco che l’evidenza è evidente. Non si può pensare di continuare a divertirci con Ennio Flaiano. Lui ci raccontava già sessant’anni fa che “in Italia, la linea più breve tra due punti è l’arabesco”. È vero, ed è sempre più vero oggi. Per ottenere un certo risultato, dobbiamo fare mille evoluzioni per aggirare gli ostacoli.
Per intraprendere, per fare impresa oggi gli ostacoli che abbiamo davanti sono tantissimi, nei rapporti istituzionali, nella pianificazione delle attività, nell’ottenimento di pagamenti puntuali, nel rapporto con lo Stato. Uno Stato che si dimostra assente e fin troppo distante dai cittadini che lavorano e dalle imprese che producono. Così distante da creare un grave vuoto, facendoci sentire abbandonati e soli.
Ecco perché ci piacerebbe vedere linee più dritte, come in certi altri paesi dove la burocrazia è ridotta.
Linee più dritte, come per quelle attività condivise da chi le fa funzionare. Linee più dritte, indicate da chi i problemi li conosce veramente e li affronta ogni giorno. Linee più dritte, disegnate da chi vuole andare avanti e non girarci intorno.
Per farlo, pensiamo ci sia bisogno di interloquire con la politica, scuotendone la coscienza e riportandola alla vita reale.
Al timing, all’azione e al risultato che l’economia reale ti impone.
Per farlo pensiamo ci sia bisogno di tutti quelli che si impegnano, indipendentemente da come la pensano. Tutti gli imprenditori che fanno impresa, che cercano di fare impresa, che hanno fatto e faranno impresa in Italia, stanchi di dover fare più fatica di quella che si dovrebbe.
Imprenditori che sanno come funziona, che sanno cosa c’è da fare, che si impegnano per i propri lavoratori, che credono ancora nel fare ma che si sono stancati delle difficoltà imposte al fare impresa.
Serve una svolta. Di più, serve un’inversione di marcia.
Serve attenzione da parte delle istituzioni.
Serve attenzione da parte delle commissioni incaricate dalle istituzioni.
Serve attenzione alla voce di chi sa fare impresa e la fa ogni giorno.
Serve rispetto delle istituzioni, ma serve rispetto dalle istituzioni.
Serve un’inversione della direzione da cui provengono le indicazioni per fare impresa.
Noi vogliamo imprimerla, quest’inversione.
Abbiamo iniziato: Intraprendiamo – Prima Persona Plurale
Che cos’è Intraprendiamo – Prima Persona Plurale
È un gruppo di influenza che possa interloquire in maniera preparata con chi governa e governerà, con le istituzioni e in generale con la complessa macchina amministrativa e legislativa dello Stato, al fine di tutelare il lavoro d’impresa nelle sue diverse forme.
Cosa di prefigge
I governi e le istituzioni affidano le decisioni su temi delicati all’intervento di commissioni di esperte. Lo abbiamo visto col Covid, mentre eravamo fermati, per l’emergenza sanitaria. Corretto che si voglia scegliere di ascoltare per decidere.
Corretto però ascoltare prima di tutto chi ha voce in capitolo. Le istituzioni possono essere indirizzate dalle commissioni, ma le commissioni devono essere indirizzate dalle Imprese. Quelle che rappresentano il tessuto socio-economico di tutto il Paese. Le PMI.
Perché farne parte
Le indicazioni del governo, le lentezze burocratiche e la fiscalità irriverente, la mancanza di investimenti sul futuro, sui giovani, sulle imprese che producono reddito e occupazione, è sotto gli occhi di tutti.
Perfettamente inutile dare la colpa alla politica: perché la politica è espressione di un problema, in Italia.
Occorre supportare le istituzioni, per disinnescare il disagio sociale. Occorre mettersi a disposizione del governo, perché solo così possiamo indicare scelte indirizzate meglio, più dritte. Perché invece che protestare, o inveire, o accusare, o sminuire, si dia l’esempio.
Uniamo la voce delle imprese che producono e che generano guadagni per i lavoratori, perché non c’è altro che questo per salvare il lavoro di oggi, e di domani.
Uniamo la voce delle Imprese non per una sigla, non per un diritto improvvido o personalistico, non per una idea politica, ma per uno scopo vero, per il valore dell’essere imprenditori, per la passione che ci fa essere imprenditori.
Le imprese che producono, che fanno, che pagano le tasse e generano profitto per sostenere la propria forza lavoro e il lavoro della res publica, possono e devono indirizzare le scelte per il futuro del lavoro.
Scegli di farne parte, chiedici un incontro.
In prima persona plurale, Noi possiamo indicare la strada più dritta alle Istituzioni.
Intraprendiamo, inversione a U.
Chiedi un incontro. Per la tua impresa, per i tuoi figli, per quelli a cui tieni.
Scegliere di fare la differenza non costa nulla, ma vale tutto.
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